L’art. 1 del d.l. n. 23/2020, pone in capo allo Stato il ruolo di garante per le imprese, affinché quest’ultime possano agevolmente ottenere finanziamenti di diversi importi, in funzione degli specifici parametri dimensionali previsti dalla normativa, riconoscendo al soggetto erogante commissioni agevolate, seppur crescenti in funzione del decorso della durata del finanziamento (cfr. Circolare ABI 9 aprile 2020).

Questa tipologia di intervento potrebbe rispondere, in linea di massima, ad un bisogno immediato di liquidità da parte delle imprese, che avendo cessato improvvisamente il proprio ciclo produttivo, si trovano in grave difficoltà nel fronteggiare punte finanziarie dovute alla gestione dei costi fissi, anche se parzialmente ristorati con precedenti provvedimenti d’urgenza (ad esempio il credito d’imposta per gli affitti o locazioni dei locali commerciali ovvero la sospensione del pagamento delle rate dei mutui o gli ammortizzatori sociali), e alla mancata remunerazione da un punto di vista finanziario del ciclo produttivo interrotto.

La misura proposta dall’Esecutivo, nonostante le procedure burocratiche di accesso siano semplificate, appare decisamente inadeguata alle esigenze delle già indebitate e sottocapitalizzate PMI, poiché in primo luogo seppur semplificato, l’iter per la concessione del finanziamento avrà comunque tempistiche tecniche idonee a rallentare il ritorno alla normalità della produzione.

In secondo luogo, la misura de qua è un mero palliativo volto a compensare in realtà la carenza di fatturato legata alla chiusura ultramensile dell’attività, con ulteriori voci del passivo, sulle quali, seppur di modesta entità, grava un tasso d’interesse che ben presto si trasformerà in ulteriore costo “incolpevole” per le imprese, poiché la loro chiusura è dipesa da un factum principis o comunque da una causa di forza maggiore.

Analizzando in maniera più globale la misura concessa dal Governo, è evidente come in realtà lo stesso stia predisponendo un terreno idoneo ove cogliere, ad emergenza rientrata, i frutti del proprio gettito fiscale, poiché forte dei 24 mesi di preammortamento e di buona parte dei 400 miliardi di euro erogati fisicamente da istituti di credito privati, l’Amministrazione Finanziaria si sta assicurando tramite i depositi bancari (ovvero il risparmio privato, principale ricchezza della Nazione) un gettito idoneo per far fronte alla propria spesa corrente.

Questa soluzione inoltre, appare altresì inadeguata anche in termini aziendalistici, poiché sulla base del teorema di Modigliani – Miller, il ROE (ovvero la redditività del capitale) è funzione del differenziale tra il ROI (redditività degli investimenti) e ROD (tasso d’interesse mediamente applicato). L’intervento del d.l. n. 23/2020 volto a concedere finanziamenti a medio termine a costi di finanziamento agevolati, surrogando l’indebitamento al fatturato, potrebbe portare ulteriori problemi di natura economico finanziaria alle già sofferenti PMI italiane, poiché, aumentando l’indebitamento globale a fronte dell’insussistenza delle condizioni di bilancio in precedenza esposte, si ha come unico effetto una caduta tendenziale del ROE, con riflessi negativi anche per tutti gli altri indici di redditività ad esso correlati, rischiando di compromettere almeno in termini teorici la continuità aziendale.

Accesso al credito nel d.l. n. 23/2020, ma quale reale liquidità?

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